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Associazione Riaprire i Navigli


  • 21 giugno 2005 - Articolo per La Rinascita - La crisi del centrosinistra dopo la spaccatura della Margherita, e la prospettiva dei socialisti nel nuovo contesto del centrosinistra

    Gli strappi che la Margherita ha prodotto nel campo riformista sono figli di alcuni errori che potevano essere evitati. Il primo è stato quello di aver pensato che l´esigenza giusta di rafforzare nel centrosinistra la componente riformista potesse rappresentare di per sé il primo passo per la nascita di un nuovo partito. Poi si è dato vita alla Fed, senza che tra i partiti promotori ci fosse la stessa unità di intenti. La Fed rappresentò infatti per alcuni un’alleanza politica e programmatica tra partiti diversi e autonomi, per altri il primo passo per la costruzione del partito riformista che la maggioranza dei contraenti però non voleva. Lo stesso errore di valutazione fu fatto con la Lista dell´Ulivo, presentata con la stessa enfasi alle elezioni europee del 2004 e alle regionali della scorsa primavera, ma sottovalutando la debolezza del progetto. Non a caso non si riuscì a presentare la lista dell´Ulivo in tutte le regioni e alle elezioni provinciali e comunali, che si tennero lo stesso giorno, ogni partito andò con il proprio simbolo. E ancora, i partiti che avevano sostenuto la lista dell’Ulivo alle europee, si dividevano in gruppi diversi nel parlamento di Strasburgo e lo stesso accadde nei consigli regionali nel 2005. Come dire che le identità dei partiti, nel bene e nel male, sono state più forti di un progetto che era stato costruito troppo precipitosamente. A questo punto anche Prodi che è stato fino a qualche giorno fa il maggior sostenitore della lista dell´Ulivo alle prossime politiche, addirittura ritenendo il progetto dell´Ulivo una condizione necessaria per ”salvare il paese”, ha dovuto ritrovare un punto di equilibrio più realistico.
    Ma non tutti i mali vengono per nuocere, se quanto è successo ci costringe ad affrontare le questioni concrete che interessano il paese, piuttosto che continuare a discutere di contenitori come si è fatto in questi anni.
    Possiamo lasciarci alle spalle la cronaca di questi ultimi mesi e lavorare per superare la gravissima crisi in cui versa il paese. Partendo dalla crisi di prospettiva politica dopo una lunga ed infruttuosa fase di transizione. Si tratta di affrontare le questioni poste dalla fragilità di un bipolarismo che non è figlio di grandi tradizioni politiche, ma è solo imposto da una particolare e discutibile legge elettorale. Abbiamo di fronte gli insuccessi di questo ultimo decennio. Non c´è stato il rinnovamento culturale e morale promesso. I partiti non sono diminuiti, quelli nuovi non sembrano meglio di quelli vecchi e quelli tradizionali possono vivere solo se nascondono la propria storia. La democrazia è agonizzante e non c´è stata l´auspicata riforma delle istituzioni.
    Manca un progetto in grado di delineare i contorni della 3° repubblica, ben sapendo che se la 1° è finita per gli eccessi della politica, la 2° rischia di finire per la sua debolezza.
    Insieme alla crisi istituzionale, abbiamo di fronte il difficile passaggio da una economia protetta ad una economia competitiva, con ricadute pesanti sul sistema finanziario, sul sistema industriale e sulle politiche del lavoro. La finanza pubblica non è stata risanata. Il rapporto debito/PIL nel 2004 è sostanzialmente pari a quello del ´92. Il mercato e le privatizzazioni non hanno creato sviluppo. L´invadenza del potere dell´economia ha indebolito le tutele sociali. Libertà e diritti non sono cresciuti. La crisi della giustizia è al suo apice e lo Stato laico è più debole. La politica europea è in buona parte da ridefinire.
    E´ un percorso che il centrosinistra può fare, contando sul valore dell´unità e sulla capacità di sintesi, ognuno partendo dalla propria esperienza. Ma evitando enunciati contradditori che potrebbero essere fonte di nuove incomprensioni: un giorno si sostiene il partito unico di tutta la sinistra e il giorno dopo il partito riformista per sottomettere la sinistra antagonista.
    Bisogna evitare di invocare contemporaneamente l’unità di tutti i partiti del centrosinistra e la guida riformista dell’Unione, riproponendo una divisione tra riformisti e massimalisti ormai da superare.
    Peraltro in passato le ragioni di fondo delle divisioni della sinistra non erano riconducibili alle radici del riformismo e del massimalismo, anzi queste convivevano e convivono in tutti i partiti, ma alla separazione tra sinistra di governo e sinistra di opposizione imposta dai vincoli internazionali.
    Questo tipo di separazione, che non era già allora dettata da questioni programmatiche, può oggi essere facilmente superata dentro un processo che deve essere revisionistico per tutti.
    Ecco perché oggi una sinistra che vuole vincere, ha bisogno di un progetto socialista, così come una buona destra, non populista e berlusconiana, avrebbe bisogno di un progetto liberale che non ha.
    In questo quadro, la riconquista anche nel nostro paese di uno spazio socialista per rimettere in piedi una prospettiva socialdemocratica di tipo europeo, è una prospettiva di tutta la sinistra. Una prospettiva chiara, non genericamente riformista e non assolutamente moderata, alla quale possono concorrere sia coloro che anche in questi anni hanno continuato a difendere una posizione socialista, sia coloro che socialisti non sono mai stati. Guardando tutti insieme al futuro. In questo senso la lista di Unità socialista, che dopo la decisione della Margherita diventa per lo SDI un passaggio obbligato, può rappresentare un’opportunità per tutta la coalizione sia sul piano elettorale sia per il significato politico. La lista di Unità socialista prende forza se è parte di un progetto politico ben più ambizioso, utile al paese e utile alla sinistra, non solo un modo di presentarsi alle elezioni del 2006.

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