Mondoperaio
Associazione Riaprire i Navigli



  • 15 marzo 2012 - Intervento nella seduta consiliare del 15 marzo sulle controdeduzioni alle osservazioni e approvazione del Piano di Governo del territorio

    Il Presidente Rizzo così interviene:
    “Grazie, consigliere Morelli. La parola al consigliere Biscardini. Prego, consigliere Biscardini”.

    Il consigliere Biscardini così interviene:
    “Grazie, Presidente. Ma stiamo discutendo di un argomento assolutamente importante per la vita della nostra Città e per le scelte che il Comune compierà nelle prossime settimane, perfezionando lo strumento del P.G.T., come è stato detto, adottato nella passata legislatura, non so se nell’interesse, come dire, assoluto dell’Aula, assoluto della politica, come molti sanno quando ci sono argomenti molto importanti persino le Aule del Parlamento si svuotano, quando si discute del rifinanziamento dell’Afghanistan non c’è mai nessuno in Aula. Quindi toccherà forse anche a questo dibattito del P.G.T. di svolgersi in un’atmosfera distratta, salvo essere qui probabilmente fra qualche mese a litigare sulle singole proposte di modifica e sui particolari. Io oggi non voglio intervenire sui particolari e mi limito solo a qualche considerazione di natura generale.
    Intanto parto con la decisione assunta dalla Giunta di avere fatto una scelta difficile, non semplice anche dal punto di vista amministrativo, quella di riesaminare le osservazioni presentate al precedente strumento, del governo del territorio e quindi mettendosi nella condizione difficile, spiegata dall’assessore De Cesaris nel suo intervento in Aula qualche settimana fa, di tentare di perfezionare il Piano, modificarlo nelle parti che sono possibili, ma stando dentro i limiti ristretti di un piano che comunque era segnato da quel voto della passata legislatura. Io ho sempre detto che il precedente P.G.T., quello votato dalla Giunta Moratti, quello proposto dall’assessore Masseroli, era un piano per certi versi ideologicamente forte e strutturalmente debole. Cioè, ideologicamente forte perché voleva una Città, come dire, asservita alla logica non liberale, che io rispetto, ma liberista, che io condivido poco, del: «Si può fare tutto». Sostanzialmente questa è la versione ideologica di quel piano: si può fare tutto e chi ha i mezzi per farlo lo fa. Strutturalmente debole perché tutto ciò avveniva dentro i confini ristretti di questa Città, non restituendo al Piano quel senso profondo di ridare alla Città una visione più ampia di quella che la storia, gli eventi, l’economia ci ha costretto a vivere in questi ultimi decenni. Quindi il limite di quel Piano - e non lo dico con un atteggiamento politico, lo dico con un atteggiamento oggettivo - è che avesse poca visione strategica sulle grandi questioni che riguardano Milano, il suo sviluppo, la sua economia, la sua possibilità di incidere nel panorama nazionale e persino internazionale, per disegnare una Città dal punto di vista della sua forma urbana, ma in qualche modo rappresentativa di una cultura-civiltà che ci dobbiamo porre il problema di rappresentare. La critica che più volte ho fatto era infatti che la grande debolezza di quel piano era soprattutto sulle questioni macrourbanistiche, un Comune troppo guardato solo dentro i propri confini, quasi che fossimo ancora dentro le mura medievali, un Comune di Milano che non si rapporta alla Città degli 8 milioni di abitanti, che anche l’OCSE ha detto «è la dimensione urbana di Milano». C’è grossomodo la Lombardia, un Comune che per questo trascura assolutamente le grandi scelte di livello nazionale o regionale sul sistema delle infrastrutture, non affronta il tema del verde, oltre la scala urbana, cioè alla scala regionale e metropolitana, non affronta le grandi scelte delle funzioni di livello urbano, ma di scala sovracomunale e nazionali, dal tema del sistema della logistica, dal tema del sistema della salute, dal tema ancora del sistema della rete del verde eccetera eccetera.
    Quindi, io voglio dire una costa molto semplice, quel piano che veniva magnificato dalla Destra perché liberista, e forse troppo criticato dalla Sinistra, in nome del fatto che lasciava troppo spazio alla rendita, non è questo il problema, aveva invece il limite di non essere un piano di una visione ampia.
    Ecco, come fare, per come la vedo io, per come mi sembra questa Maggioranza si sia predisposta a ragionare anche in campagna elettorale e dopo, a correggere in corso d’opera, con la macchina già in corsa, un motore che aveva, però, le sue belle caratteristiche e anche i suoi limiti, questo è il punto delle difficoltà che la Giunta si trova davanti e si è trovata davanti.
    Allora, io credo che dovremo ragionare in modo molto pragmatico nelle prossime settimane, per arrivare al compimento di un’operazione difficile, quasi sulla lama del rasoio, per introdurre quel che serve e cambiare il senso, per esempio, dell’impegno pubblico, come ha detto l’Assessore nella sua introduzione, di una società pubblica, di una Città aperta all’attenzione delle questioni pubbliche, in primo luogo, ma, come dire, scevra da quella logica per cui si possa essere noi un domani giudicati e criticati per dirigismo o statalismo.
    Non è questo il problema. Noi non vogliamo essere né dirigisti né statalisti, ma trovare, con le giuste correzioni, quell’equilibrio che ci deve essere, fra il ritrovare il senso del bene comune e quindi della scelta generale, negli interessi generali di una collettività che va anche oltre il nostro milione e 300 mila abitanti, ma della società generale per come Milano rappresenta l’intero Paese e gli interessi anche materiali, che in urbanistica spesse volte si chiamano «rendita».
    Io non sono un demonizzatore delle rendite, sono un demonizzatore della logica della rendita, perché la logica della rendita è quella che piega ad un solo interesse, il territorio e la Città, l’equilibrio, la sintesi, la mediazione, la politica, è quella che deve riuscire a fare i conti con una rendita che non è eliminabile ma riportarla nell’ambito degli interessi generali. Un po’ come si diceva, lo dico io, marsianamente, la differenza fra profitto e logica del profitto.
    Allora, questo ragionamento lo faccio per dire che avremo modo, in quest’Aula, di discutere di questo piano, io mi auguro veramente che ci sia la capacità di non litigare sulle stupidaggini, perché questa è una cosa che non ci serve, non serve a nessuno, non serve a Milano.
    Bisogna riuscire a confrontarci sulle grandi questioni, di cui Milano ha bisogno e di cui il Paese si aspetta che Milano sappia affrontare. E le grandi questioni che riguardano, appunto, il ruolo di questa Città sono soprattutto la scala sovracomunale, non sono nella scala interna, come dico sempre in Commissione, non sono gli indici, non esiste l’indice alto di Destra e l’indice basso di Sinistra, esiste il volume per fare delle cose e se le cose servono si possono avere i volumi alti, e se le cose sono necessarie si possono avere anche volumi alti, non è un problema di numeri, è un problema di scelte che, attenzione, il Piano di prima e in qualche modo anche il Piano di oggi, un po’ meno, do atto all’assessore De Cesaris, aveva il timore di fare.
    Io che per anni ho combattuto l’urbanistica dell’azzonamento, dello zoning, affidandomi all’urbanistica degli interventi e quindi delle cose da fare, non dei retini da mettere sui piani, dico, però, attenzione a un Comune che non ha mai la capacità, la voglia e il coraggio di scegliere dove, come, quando e che cosa. Perché ci sono delle cose grandi che compete alla politica decidere, quindi del dove, del come, del quando e del che cosa.
    Non è che il territorio il primo che arriva lo occupa, o come una volta ho avuto modo di spiegare in Commissione, non è che si deve fare tutto sulle aree libere, perché questa è la logica del mercato, cioè io scelgo di fare una grande infrastruttura e siccome non ho il coraggio di scegliere, prendo la prima area libera che c’è.
    Ma questa non è urbanistica, l’urbanistica obbliga la politica a fare delle scelte, anche di natura organizzativa, qualche volta anche scontrandosi, ci sono delle grandi opportunità, ci saranno delle grandi opportunità a partire dall’accordo di programma, che l’Assessore ha annunciato, di cui io sono un convinto sostenitore, per esempio, della rinegoziazione con le Ferrovie dello Stato, delle funzioni dei grandi scali ferroviari, quello è, per esempio, un grande pezzo del patrimonio disponibile per fare scelte mirate.
    Concludo sul metodo. Noi abbiamo fatto un lavoro in Commissione, mi sembra abbastanza buono, adesso stiamo facendo la lettura degli approfondimenti aggiuntivi, quindi c’è da parte mia, del gruppo del PD e della Maggioranza la voglia di fare un lavoro utile per la Città.
    Io credo che se l’Aula saprà lavorare bene, insieme, nelle prossime settimane si potrà fare un lavoro costruttivo nell’interesse di tutti e si potranno fare anche quei perfezionamenti, magari tecnici, che pur sono necessari, magari elencando le cose che il P.G.T. non può affrontare subito ma che potrà affrontare anche dopo.
    Anche qui pragmaticamente si può fare un lavoro di perfezionamento dell’esame delle controdeduzioni che abbiamo sul tavolo, si può mettere in elenco, a margine, a memoria, cose che magari apparteranno persino a varianti del futuro P.G.T., non è un dramma, il P.G.T. non è uno strumento demiurgico che si fa e non si cambia mai. Verranno fuori problemi, verranno fuori scelte necessitate dalla logica delle cose, ma magari obbligheranno nuovi strumenti e saranno obbligati dal fatto, come dicevo prima, che il limite ristretto in cui ci siamo avviati non consente lo stravolgimento del Piano sulle grandi questioni.
    Allora, io credo che dovremmo avere questo atteggiamento, facciamo tutto quello che si può fare per arrivare in fretta all’approvazione del P.G.T. facciamo tutto quello che si vuole fare Maggioranza e Opposizione, Masseroli compreso, per fare un lavoro utile.
    Abbiamo invece il coraggio tutti insieme di individuare le cose che sono ancora all’ordine del giorno? Per fare un esempio, sembrerà una pazzia, ma gli Svizzeri chiedono a Milano di decidere da che parte passa il Gottardo, e noi discutiamo l’indice del servizio pubblico o privato nei NIL.
    Guardate che c’è una dimensione diversa dei problemi. Così come potrei dire, parliamo di servizi sociale casa, parliamo di residenza, ma un conto è vedere i volumi dell’edilizia popolare, i volumi delle cooperative, i volumi delle aree, un conto è porsi il problema di arrivare a cittadinanza, così come fece Agnasi negli anni ’60, a tutti quei disgraziati extracomunitari che quando avranno una casa saranno cittadini milanesi, quindi il servizio sociale casa non è volume, è cultura, è risposta ad un bisogno, prima di tutto, culturale. Cioè, ci si possono vedere alcune cose in modo diverso da come oggi siamo abituati a discutere.
    Quindi, io penso e credo che noi dobbiamo evitare, me lo auguro, che non ci sia scontro, non ci sia scontro ostruzionistico su una materia come questa, si tratta di enucleare i problemi, alcuni immediatamente risolvibili e altri probabilmente non immediatamente risolvibili, ma risolvibili nell’impegno dello sviluppo continuo di un processo che l’urbanistica impone.
    Fare urbanistica e fare un piano non vuole dire fare un trapianto in un corpo assolutamente malato, di solito vuol dire curare il malato che è un po’ sempre malato.
    Non è un’opera, come dire, traumatica, non è un intervento chirurgico devastante, se abbiamo questa attenzione all’urbanistica è un processo di continuo perfezionamento che cura la malattia della persona, quasi sempre malata ma anche abbastanza sana.
    Ecco, mi sembra che questo è il taglio su cui potremmo lavorare per distinguere, quindi, le piccole questioni tecniche, io credo che anche noi dobbiamo essere disponibili a cogliere eventuali modifiche a cogliere alcune indicazioni, se sappiamo poi, sulle grandi questioni, quelle che interessano la Città, avere il coraggio di dire: «Quella l’affronteremo così», nel piano dei parcheggi, nel piano della mobilità, nelle grandi scelte di varianti urbanistiche, che saranno ancora possibili con gli strumenti che la pratica urbanistica, la gestione urbanistica, prima ancora che la pianificazione urbanistica consentirà. Grazie”.

    torna indietro »