Mondoperaio
Associazione Riaprire i Navigli



  • 31 maggio 2005 - Atto n.1-00345 - Gestione degli aiuti alle popolazioni vittime dello tsunami

    Seduta n. 813

    CORTIANA , BOCO , MUZIO , ROLLANDIN , PEDRINI , BETTONI BRANDANI , BISCARDINI , COVIELLO , ZANCAN , FALOMI , TONINI , MALABARBA , DE ZULUETA , MARITATI , PETERLINI , DONATI

    Premesso che:

    il 26 dicembre 2004 un forte terremoto di magnitudo 9 della scala Richter ha colpito il Sud-Est Asiatico causando imponenti tsunami in Indonesia, Sri Lanka, India, Tailandia, Malesia, Maldive, Bangladesh, Birmania/Myanmar, Mauritius, Somalia, Kenya, Seychelles, Riunione e Tanzania;

    questa catastrofe ha causato più di 160.000 vittime nei paesi colpiti dallo tsunami, lasciando 5 milioni di persone senza tetto e senza accesso ai beni essenziali, quali cibo, acqua potabile e medicine;

    i cittadini italiani insieme alle nostre istituzioni hanno reagito con uno slancio collettivo di generosità alla catastrofe provocata dallo tsunami nel Sud Est Asiatico. Fa parte della nostra tradizione, del nostro vivere civile, mobilitarsi con prontezza di fronte ad una tragedia ambientale ed umana di dimensioni forse ancora non del tutto comprensibili. E´ noto, tuttavia, che la generosità e la solidarietà che accomunano cittadini ed istituzioni non sono sufficienti; anzi, il carattere spontaneo della solidarietà rischia di disperdere le risorse raccolte e di compromettere un sistematico programma di interventi che guardi al lungo periodo;

    non si può certamente prescindere da quelle condizioni che, già prima del maremoto, rendevano disperata la vita di buona parte di quelle popolazioni: un alto e diffuso livello di povertà ed indigenza, la diffusione di malattie facilmente curabili con la disponibilità di servizi sanitari elementari, la condizione infantile devastata dall’abominio del turismo sessuale occidentale, la presenza di guerre sconosciute e di conflitti di varia intensità. Si può aggiungere a questo il giogo del debito estero dei Paesi colpiti dallo tsunami, la cui cancellazione avrebbe costituito un reale presupposto per la riattivazione dell’economia locale, mentre la semplice moratoria è un provvedimento scontato e inadeguato;

    secondo la previsione delle Nazioni Unite, dei donatori e dei governi occorreranno almeno dieci anni per tornare alla normalità, pur nella difficoltà di definire un contesto di normalità in quella situazione sociale: lo tsunami non ha solo devastato, sradicato, seminato morte e terrore ma, anche e soprattutto, ha reso evidenti agli occhi del mondo le piaghe della povertà, quella povertà che oggi è diventata miseria e disperazione. I pescatori che non hanno più nulla. I bambini, gli orfani che stanno diventando merce per un commercio che era tale anche prima del maremoto,


    impegna il Governo:

    a mettere a buon frutto le risorse raccolte con gli aiuti sia istituzionali che privati, affinché la solidarietà manifestata dai cittadini italiani riesca a collegare le esigenze dell’emergenza con la necessità di uno sviluppo giusto, ambientalmente e socialmente sostenibile, concentrando gli aiuti sull’uomo, sui reali bisogni delle popolazioni locali, vere vittime del disastro naturale, e a contribuire ad una riflessione della comunità internazionale circa la sostenibilità di un sistema economico mondiale e globalizzato che si regge su evidenti ingiustizie e squilibri e che produce, tra i suoi effetti, anche le centinaia di migliaia di morti per un evento naturale che qualsiasi paese occidentale avrebbe i mezzi e le risorse per neutralizzare;

    a coinvolgere i movimenti e le organizzazioni non governative che si sono mobilitati per gli aiuti alle popolazioni colpite dallo tsunami in un´attenta restaurazione dell´ecosistema locale, sostenendo le richieste dei movimenti sociali, di contadini e pescatori delle aree colpite affinché le risorse per l´emergenza e la ricostruzione siano direttamente amministrate dalle comunità locali, evitando così nuovi debiti, colonizzazione e presenza militare e facendo cessare la realizzazione di progetti e ”accordi di inserimento” che facilitano il saccheggio delle risorse naturali dei Paesi del Sud.

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