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  • 23 marzo 2005 - S. 3362 - Revisione dei procedimenti giudiziari interni a seguito di sentenze di condanna definitiva della Corte Europea dei Diritti dell´ Uomo

    DISEGNO DI LEGGE

    d’iniziativa dei senatori BISCARDINI, BASSO, BATTISTI, CASILLO, COMPAGNA, CONTESTABILE, CREMA, D’AMBROSIO, DATO, DEL PENNINO, DE ZULUETA, LABELLARTE, MARINI, MASSUCCO, MELELEO, MURINEDDU, PETERLINI, VIZZINI e ZANDA

    COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 MARZO 2005

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    Revisione dei procedimenti giudiziari in materia di adottabilità di minori a seguito di sentenze di condanna definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo

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    Onorevoli Senatori. – La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 dagli Stati membri del Consiglio d’Europa, costituisce parte integrante dell’ordinamento giuridico italiano, essendo stata resa esecutiva nel nostro Paese con legge 4 agosto 1955, n. 848.

    L’ordinamento italiano, conformemente all’articolo 46 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) in virtù del quale «Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alla sentenza definitiva della Corte per le controversie di cui sono parti», ha apportato variazioni al diritto interno attraverso la modifica dell’articolo 111 della Carta costituzionale, in relazione all’adeguamento ai princìpi del così detto «giusto processo», in conformità alle previsioni dell’articolo 6 CEDU, nonché con l’adozione della legge 24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta «legge Pinto») che prevede l’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo.
    Recentemente il Consiglio d’Europa – risoluzione Res DH (2002) 30, adottata il 19 febbraio 2002 – richiamando la raccomandazione R (2000) 2 – adottata il 19 gennaio 2000 – ha sottolineato come sia necessario che l’Italia, per reintegrare la parte lesa nella situazione in cui si trovava prima della violazione della Convenzione (restitutio in integrum), adotti oltre a misure individuali misure anche di carattere generale.
    In particolar modo il Consiglio d’Europa ha precisato che: «il riesame di un caso o la riapertura di un procedimento si è rilevato lo strumento più efficace, se non addirittura l’unico per realizzare la restitutio in integrum» (R (2000) 2), inoltre «fino ad oggi l’assenza di mezzi di riapertura delle procedure contestate ha reso impossibile di riparare pienamente le conseguenze gravi e continue delle violazioni contestate» (Res. DH(2002)).
    Pertanto, in virtù dei suddetti inviti, nonché del disegno di legge in corso di esame (v. atto Senato n. 2441) in relazione a ipotesi di revisione nei processi penali, s’impone per l’Italia la necessità di prevedere leggi che introducano anche nei processi civili, segnatamente nei processi minorili, nonché nei processi amministrativi, ipotesi di revisione dei processi a seguito di sentenze di condanna definitiva da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo.
    Da qualche anno a questa parte sono in aumento i ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo da parte di genitori colpiti da decreti definitivi di adottabilità dei figli, spesso già allontanati da anni dalla famiglia d’origine per effetto di decreti provvisori ma immediatamente efficaci. L’aumento del numero dei ricorsi è stato trainato da alcune clamorose sentenze di condanna dell’Italia per le violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo commesse dai tribunali per i minorenni e riguardanti in particolare la lunghezza dei procedimenti, l’impossibilità di ricorrere contro i decreti provvisori, la limitazione del diritto di difesa, la violazione della privacy familiare da parte dei servizi sociali.
    Tra tutti i Paesi del Consiglio d’Europa, l’Italia è l’unico che non riconosca ancora alle sentenze della Corte europea di Strasburgo il potere di annullamento delle pronunce dei propri tribunali nazionali fatte in violazione della Convenzione del 1950 (EDU).
    Per ora l’unico effetto di una sentenza di condanna della Corte europea è quello di costringere lo Stato italiano a pagare un indennizzo in denaro, ma va da sè che nessuna somma può compensare la perdita di un figlio. Le sentenze dei tribunali per i minorenni sono considerate dalla legge italiana provvedimenti «a favore» dei minori, e non provvedimenti punitivi nei confronti dei genitori, della cui sofferenza non è tenuto alcun conto anche se il non vedere più un figlio per tutta la vita equivale a quel «fine pena mai» che in pratica non si applica più neanche ai condannati all’ergastolo.
    Resta la certezza che una ingiustizia è stata commessa nei confronti del bambino e dei suoi genitori, e anche nei confronti dell’ignara famiglia adottante, e che solo la revoca della sentenza, determinando una parziale ripetizione del processo, potrebbe restituire a tutti una speranza di giustizia.
    Per questo sottoponiamo all’attenzione del Senato il seguente disegno di legge che introduce nel codice di procedura civile un articolo che prevede la revocazione delle sentenze definitive di adottabilità quando una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo abbia dichiarato che la sentenza di adottabilità è stata pronunciata in violazione delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.



    DISEGNO DI LEGGE

    Art. 1.

    1. Dopo l’articolo 391-bis del codice di procedura civile è inserito il seguente articolo:

    «Art. 391-ter. (Revocazione delle sentenze in materia di adottabilità di minori). Le sentenze definitive rese a seguito di opposizione avverso il provvedimento che dichiara lo stato di adottabilità di un minore ai sensi dell’articolo 18 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, possono essere impugnate per revocazione ai sensi degli articoli 391-bis e 395 e seguenti quando una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo abbia dichiarato che la sentenza è stata pronunciata in violazione delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, o dei suoi Protocolli aggiuntivi».

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